Pachypasa otus
di Paolo Mazzei
La nostra farfalla del mese è il più grande lasiocampide europeo: Pachypasa otus, descritta dall’entomologo inglese Dru Drury nel 1773 come Sphinx otus e appartenente, appunto, alla famiglia Lasiocampidae; il maschio può superare i 90 mm di apertura alare e la femmina arriva a 120 mm, con un addome grande e pesante che le rende assai difficile, e quindi del tutto occasionale, il volo.
Abita il sud dell’Italia, la Croazia inclusa l’Istria e, lungo la costa adriatica orientale, arriva fino alla Grecia (incluse Creta, Rodi e Cos), alla Macedonia del Nord ed alla Romania (?) e Bulgaria. Inoltre si spinge ad est, attraverso la Turchia, fino all’Egitto, all’Arabia Saudita, all’Armenia, al sud della Russia e alla Georgia, all’Iraq e all’Iran.
In Italia è nota fin dalla metà dell’800 in Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia; fin dagli anni ’60 è nota una popolazione isolata in Toscana intorno a Firenze, probabilmente introdotta data la scarsa mobilità della specie. Si ritiene che possa esistere un’altra popolazione isolata nel sud dell’Abruzzo, e sono in corso ricerche per averne conferma.
Gli adulti sono attivi solo di notte e, almeno in Italia e nella Penisola Balcanica, hanno una sola generazione all’anno, con sfarfallamenti in agosto e inizio settembre. I maschi sono attratti dalle luci artificiali fin dalle prime ore della notte, le femmine volano poco o niente.
La pianta alimentare larvale principale è il cipresso mediterraneo (Cupressus sempervirens L.), originario dell’Asia Minore e del Mediterraneo orientale e importato nel Mediterraneo occidentale probabilmente dai Fenici e dagli Etruschi a scopo ornamentale; in Italia non dovrebbe essere autoctono.
Le larve di Pachypasa otus si nutrono anche di altre specie arboree e arbustive: Thuja, Juniperus, Pinus halepensis Mill., Quercus, Pistacia. Tutti gli stadi di sviluppo qui illustrati provengono da uova trovate nell’isola greca di Rodi, che dista meno di 20 km dalla costa turca sud-occidentale, e sono stati allevati sul cipresso mediterraneo, senza mai cambiare la pianta alimentare durante tutto il ciclo, con mortalità nulla su sette larve coetanee: ho notizia invece di allevamenti su querce e pini con mortalità elevata, ma un confronto, e quindi delle conclusioni significative, richiederebbero metodologie più standardizzate di allevamento.
Uovo
La femmina, di solito nella seconda metà di agosto, depone tra 100 e 250 uova sulle piante nutrici, in gruppi inizialmente più consistenti (quello della prima foto contava oltre 50 uova) e poi sempre meno numerosi, nei due o tre giorni in cui dura la deposizione, sulla corteccia e sui rami più piccoli, e a volte anche sulle parti verdi, soprattutto le ultime uova da deporre.
L’uovo è grande, quasi sferico e solo leggermente allungato lungo l’asse polare, e raggiunge quasi due mm di larghezza e due e mezzo abbondanti di lunghezza. È biancastro, opaco, con una marezzatura grossolana marrone scuro e ha il polo (micropilo) della stessa tonalità di marrone ma con il centro ancora più scuro. Né il colore né la forma cambiano nel corso dello sviluppo, e non si ha nessun segnale che fa capire che la schiusa è prossima.
In cattività le uova schiudono in due settimane o poco più.
Larva L1
La larva di prima età alla schiusa è lunga 6 – 7 mm ed è grigia-perlacea, assai schiacciata, con la capsula cefalica scura.
Nel secondo e terzo segmento toracico sono presenti due processi estroflettibili, composti da due spazzolini di peli urticanti di colore arancio, normalmente non visibili in quanto contenuti in due sacche dorsali, ma che vengono esposti in caso di disturbo.
Ciascun segmento addominale presenta, dorsalmente, al centro due macchiette triangolari nere, ai due lati di esse un punto arancione per parte, a cui segue, su ogni lato, un trattino rettangolare nero. Il settimo e ottavo segmento addominale hanno le macchie nere molto più grandi ed evidenti.
Lateralmente e ai due lati della testa sono ben visibili delle lunghe setole bianche.
Appena uscite dall’uovo, le larve neonate ne consumano una buona parte dell’involucro (corion), e tendono, fin dai primi giorni, a vivere gregarie sui rametti più piccoli già lignificati. Di solito sono immobili e a contatto l’una con l’altra durante le ore di luce (due foto successive, nella seconda le larve L1 sono ritratte poco prima della prima muta), e si alimentano soprattutto di notte.
Larva L2
Alla seconda età il pattern dorsale, grigio con una fitta e fine puntinatura nerastra, si arricchisce di una linea centrale arancione, che si allarga nella parte anteriore di ogni segmento addominale in una macchia triangolare a forma di freccia, e ad entrambi i lati di una linea sinuosa dello stesso colore arancione di quella centrale.
Nel primo, quinto, settimo e ottavo segmento addominale il pattern dorsale e laterale è leggermente più scuro, anche se con gli stessi disegni e colori, degli altri segmenti addominali.
La quarta foto mostra che anche alla seconda età il comportamento delle larve rimane gregario.
Larva L3
La colorazione delle larve di terza età non cambia molto rispetto all’età precedente: i disegni arancioni si fanno più vivaci e più rossi, così come il colore dei due larghi spazzolini estroflettibili. Molte delle setole che adornano i lati del corpo, lunghe soprattutto nella parte anteriore intorno alla testa, hanno ora l’estremità schiacciata a forma di piccola spatola biancastra, triangolare o a forma di cuore.
Larva L4
L’inizio della quarta età non vede variazioni particolari nei colori, anche se la larva sfoggia il massimo del suo contrasto cromatico, ma le setole si infoltiscono e si allungano e fanno la loro comparsa delle nuove squamette biancastre molto fitte, sia dorsalmente tra le linee rosse, sia subito dietro la testa e rivolte verso l’avanti, sia dietro agli spazzolini rossi.
Nella prima delle due foto successive la larva ha appena fatto la muta, e si vede l’esuvia da cui è uscita in basso a sinistra.
Gli spazzolini toracici, quando vengono estroflessi a scopo difensivo, sono sempre più evidenti e vivaci, come si vede bene nella prossima foto.
All’avvicinarsi della muta verso la quinta età, le due linee dorso/laterali sinuose rossastre cominciano a scurirsi, diventando, soprattutto nei segmenti addominali che si erano scuriti già alla seconda età (1, 5, 7 e 8), degli archi marcati bruno/nerastri, come è evidente nelle due foto successive.
Larva L5
Alla quinta età i colori tendono a sbiadire e a ingrigirsi e la larva, già ben oltre i cinque cm di lunghezza, diventa sempre più criptica sulla corteccia dei cipressi: nelle tre foto che seguono le ho fotografate sulle parti verdi, per evidenziarne i dettagli, che sfumano e si confondono se la larva rimane ferma sulle parti legnose.
Durante il giorno la larva resta immobile sulla corteccia, difficilmente visibile e ben al riparo dai predatori, e larve diverse hanno ancora tendenza a raggrupparsi, aumentando in gruppo il loro già elevato criptismo.
Larva L6
Alla sesta età le larve perdono quasi completamente gli archi scuri visti alla quarta e quinta, rendendosi ancora più uniformi e criptiche, e crescono fino a dimensioni veramente enormi, raggiungendo i 12 cm. Gli spazzolini toracici, quando vengono estroflessi, sono ora molto appariscenti e di un colore rosso mattone vivace.
Parenzan e Porcelli, nel lavoro del 1985 che cito alla fine dell’articolo, sostengono che la maturità viene raggiunta dopo sei mute, e quindi alla settima età, in contrasto con le mie osservazioni, e altri autori citano addirittura otto età larvali. Ma il mio allevamento in cattività, proseguito anche durante tutto l’inverno dentro casa, a temperature più alte e soprattutto con condizioni (temperatura, umidità, ventilazione, fotoperiodo) molto meno variabili di quelle a cui sarebbero state sottoposte le larve all’esterno, può falsare lo sviluppo e creare differenze rispetto a quello che sarebbe successo in natura.
Non solo, nelle ultime fasi dello sviluppo non è neanche molto facile accorgersi che una larva è in muta, dato che la capsula cefalica è nascosta dalle setole, e l’immobilità è la condizione più frequente delle larve di questa specie, anche al di fuori delle mute, ed è quindi possibile sottostimare erroneamente il numero delle mute, e quindi quello delle età larvali.
Pupa
La larva matura, per impuparsi, fila un bozzolo sericeo bianco tra i rami della pianta alimentare, in natura anche sul tronco, all’ascella di grossi rami o anche a terra alla base delle piante.
I bozzoli di questa specie furono utilizzati per produrre seta, in epoca greca e romana e ben prima dell’avvento della seta di origine cinese, nel bacino del Mediterraneo. A differenza del baco da seta o bombice del gelso, Bombyx mori (Linnaeus, 1758), originario della Cina, il cui bozzolo è formato da un unico filo non interrotto di lunghezza variabile da 300 a 900 metri, il filo che forma il bozzolo della Pachypasa otus è formato da un elevato numero di tratti molto corti, e la seta deve essere cardata per poter essere utilizzata; la qualità della seta di questa specie è comunque inferiore a quella del baco da seta.
Nelle due foto successive, in cui ho aperto un bozzolo tagliandolo con cura, si vede la pupa (ventralmente e dorsalmente) e l’esuvia che la larva ha abbandonato per impuparsi.
Per confronto, adulto, larva, bozzoli e pupa del baco da seta o bombice del gelso, Bombyx mori., specie incapace di volare e di sopravvivere autonomamente in natura, frutto di selezione operata dall’uomo in cattività, cominciata probabilmente 5000 anni fa, in Cina, da un ceppo selvatico di Bombyx mandarina (Moore, 1872), specie ancora esistente e che si ibrida spontaneamente con il baco da seta “domestico”.
Adulto
Concludo con qualche foto degli adulti, che sfoggiano un pattern alare caratteristico e ben poco variabile. I due sessi si differenziano e si riconoscono per le maggiori dimensioni della femmina, per il colore delle sue ali più punteggiato di scuro nella parte mediana e distale, e soprattutto per la pettinatura delle antenne, ben più accentuata nel maschio, come si apprezza con facilità nella penultima foto.
Ulteriori informazioni e immagini su questa specie: